Il morbo di Alzheimer è una tra le più comuni forme di demenza. Indica le condizioni che si verificano nel momento in cui il nostro cervello smette di funzionare in modo corretto. Questa patologia può condurre a diversi disturbi e problemi invalidanti, come ad esempio la perdita di memoria e la capacità cognitivo-comportamentale del paziente. Anche se all’inizio della malattia si presentano pochi sintomi di entità lieve, questi poi peggiorano via via, con il progredire della patologia.
Attualmente non esistono trattamenti e cure volte a fermare la progressione del morbo di Alzheimer, ma vengono utilizzati farmaci per curare i sintomi della demenza. Tuttavia, negli ultimi anni la ricerca ha fatto passi in avanti nella comprensione della malattia e di come questa colpisca il cervello. Alcuni studi hanno evidenziato trattamenti efficaci di prevenzione e una soluzione innovativa in grado di rallentare il declino cognitivo nei pazienti affetti da questa malattia.
Prosegui nella lettura del nostro articolo per scoprire come si manifesta il morbo di Alzheimer e quali sono le nuove cure in fase di sperimentazione.
Che cos’è l’Alzheimer?
Questa patologia prende il nome dal neurologo tedesco Alois Alzheimer, che all’inizio del 1900 ne descrisse le caratteristiche e i principali sintomi. Alla base della malattia vi è un processo degenerativo progressivo che agisce sulle cellule del cervello, distruggendole e provocando il deterioramento delle funzioni cognitive.
Questo fenomeno comporta diversi sintomi come la perdita di memoria e il mal funzionamento del linguaggio e del ragionamento, influendo drasticamente sulla vita del paziente. Il Morbo di Alzheimer, infatti, compromette l’autonomia di chi ne soffre e incide sulla sua routine quotidiana, dal momento che anche i compiti più semplici diventano difficili da compiere.
Per quanto riguarda la diffusione di questa patologia, in Europa si stima che questa rappresenti il 54% di tutte le demenze e che in prevalenza si presenti tra gli ultrasessantacinquenni. Con l’avanzare dell’età, aumenta la prevalenza e si presenta maggiormente nelle donne, con valori dallo 0,7% per la classe d’età 65-69 anni e al 23,6% per le ultranovantenni, mentre quelli degli uomini variano dallo 0,6% al 17,6%.
Quali sono le cause?
Nonostante la causa del morbo di Alzheimer risulti a oggi ancora sconosciuta, alcuni studi hanno evidenziato fattori di natura ereditaria e possibili anomalie genetiche alla base dello sviluppo della patologia. Tra queste, è necessario evidenziare:
- alterazione del metabolismo della proteina precursore della beta amiloide (APP). Questa, infatti, a un certo punto della vita, per ragioni sconosciute, viene metabolizzata in modo alterato e crea la formazione di una sostanza neurotossica (beta amiloide, appunto) che accumulandosi nel cervello causa una progressiva morte neuronale.
- presenza di un gene alterato. Questo determina la trasmissione della patologia da una generazione all’altra all’interno della stessa famiglia. Queste forme familiari della malattia insorgono presto (anche prima dei 40 anni). La comparsa poi è legata alla presenza di alcune varianti nei geni: presenilina 1 sul cromosoma 14, presenilina 2 sul cromosoma 1 o APP sul cromosoma 21.
Tuttavia, è bene sottolineare che meno del 5% dei casi di questo morbo è causato dalla presenza di un gene alterato, mentre il restante 95% si presenta in persone che non hanno una familiarità con il morbo di Alzheimer.
Come si manifesta il Morbo di Alzheimer?
Questa malattia che colpisce il cervello può presentarsi sotto forma di sintomi che è bene non trascurare, per intervenire tempestivamente con il trattamento più opportuno.
Tra i principali, è possibile riscontrare:
- La perdita di memoria. Questo rappresenta uno dei sintomi più comuni di questa patologia, soprattutto se riguarda notizie apprese in un lasso di tempo recente. In questi casi è importante prestare attenzione se si dimenticano date, eventi o informazioni che in genere si gestivano facilmente.
- Difficoltà nella risoluzione dei problemi. In tal senso possono presentarsi difficoltà nella concentrazione, sul lavoro o nella gestione delle normali attività quotidiane.
- Confusione rispetto a tempi e luoghi. Anche il senso delle date e dello scorrere del tempo può essere sconvolto da questa patologia. I pazienti possono dimenticare dove si trovano e in che modo sono arrivati in quel luogo.
Difficoltà riscontrate
- Difficoltà a interpretare i rapporti spaziali e le immagini. Chi soffre del Morbo di Alzheimer spesso può avere qualche difficoltà a stabilire contrasti, nella lettura e nella percezione. Per esempio, se si trovano davanti allo specchio possono riconoscersi con difficoltà.
- Problemi con il parlare e con lo scrivere. Molto spesso si presentano anche difficoltà nel condurre una conversazione, così come nello scrivere e nel trovare le parole giuste.
- Perdita della capacità di ripercorrere i propri passi. Chi soffre del morbo di Alzheimer può sperimentare anche la perdita di oggetti in luoghi insoliti, così come l’incapacità di tornare sui propri passi per trovarli.
- Riduzione della capacità di giudizio. Anche il cambiamento di giudizio e del processo decisionale può essere alterato.
- Ritiro dal lavoro e dalla società. Spesso come causa della comparsa di questa malattia può esserci l’allontanamento dalle attività lavorative, così come dallo sport e dagli hobby.
- Cambiamenti nell’umore e nella personalità. Tra i sintomi del morbo di Alzheimer si può trovare anche un netto declino dell’umore con il cambiamento della personalità. Confusione, ansia, depressione possono determinare nel paziente un malessere psicologico generale.
Come rallentare la malattia di Alzheimer?
Come visto in precedenza, non esistono terapie per la cura definitiva di questa malattia, ma sono presenti farmaci e trattamenti che possono temporaneamente aiutare, migliorando i sintomi della demenza. Questi funzionano aumentando i neurotrasmettitori nel cervello: in questo modo l’autonomia del paziente viene mantenuta più a lungo e la terapia ha un effetto positivo su tutta la famiglia.
Tuttavia, uno studio condotto dai ricercatori dell’ospedale di neuroriabilitazione Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, in collaborazione con l’Università di Ferrara, ha aperto nuove prospettive sulla stimolazione cerebrale non invasiva come possibile terapia contro il morbo di Alzheimer. Grazie a queste ricerche, si sono potuti mettere in luce gli effetti positivi ottenuti dalla stimolazione magnetica che riduce il progressivo acceleramento del morbo.
La stimolazione magnetica rallenta la malattia
La ricerca è stata condotta su un trial clinico con la presenza di 50 pazienti affetti da malattia di Alzheimer di grado lieve moderato. A una metà dei pazienti è stata applicata la stimolazione magnetica transcranica nell’arco di sei mesi, con una frequenza settimanale. All’altro gruppo, invece, è stata fornita una stimolazione placebo.
Al termine della sperimentazione, il gruppo dei pazienti trattati con TMS ha mostrato all’interno di scale cliniche di misurazione cognitiva punteggi migliori. Nello specifico, i pazienti trattati con la stimolazione magnetica transcranica hanno ottenuto nella scala clinica “Clinical Dementia Rating-Sum of Boxes”, o CDR-SB una riduzione di circa l’80% nella progressione dei sintomi dell’Alzheimer rispetto al gruppo di controllo.
Un risultato che apre una speranza per tutte le persone colpite dal morbo di Alzheimer e per i loro famigliari, supportato anche dai punteggi ottenuti nelle scale che misurano l’autonomia nella vita quotidiana.
Che cos’è la stimolazione magnetica Transcranica?
Mentre i farmaci recentemente sviluppati agiscono sulla sostanza amiloide e sulla proteina tau, la stimolazione magnetica transcranica è in grado di generare campi magnetici che attraversano la scatola cranica e, trasformandosi in impulsi elettrici, stimolano le sinapsi e i neuroni danneggiati dal morbo negli anni.
Per poter stimolare i circuiti neuronali legati a funzioni come la memoria e l’attenzione, gli studiosi hanno indirizzato questa terapia sul precuneo. Quest’ultimo è una regione collocata in una posizione centrale o posteriore del cervello ed è una sede di accumulo della sostanza amiloide e degli aggregati di proteina tau.
Per poter individuare con precisione e applicare la stimolazione alla regione target, i ricercatori hanno poi utilizzato innovative metodiche neurofisiologiche che combinano la stimolazione magnetica transcranica con l’elettroencefalogramma (TMS-EEG) e un sistema di neuronavigazione.
I vantaggi di questa tecnica?
I vantaggi della stimolazione magnetica transcranica sono stati evidenziati su pazienti di fase lieve-moderata, lì dove il declino cognitivo è più veloce e risponde meno ai farmaci.
Inoltre, la terapia con TMS è stata tollerata bene dai pazienti e non si sono osservate particolari controindicazioni da chi è stato trattato con questa terapia nell’arco di sei mesi. A differenza di altre cure farmacologiche, quindi, questo trattamento potrebbe risultare particolarmente sicuro nei pazienti affetti da Alzheimer, già di per sé fragili.
Che tipo di miglioramenti dà la TMS nei pazienti con patologie neurologiche degenerative?
Com’è emerso dallo studio effettuato sui trial clinici, la stimolazione magnetica transcranica può essere efficace per rallentare gli effetti del morbo di Alzheimer, ma anche di altre patologie.
Agendo sulle reti neurali con una stimolazione magnetica che riattiva i neuroni e le sinapsi, questa terapia potrebbe rallentare la progressione di altre malattie legate alla demenza, come ad esempio il morbo di Parkinson, portando così benefici sulla memoria, sul pensiero e sull’autonomia dei pazienti nella loro vita quotidiana.
2A Group, da sempre attenta alle ricerche innovative in ambito medico, ha voluto condividere i risultati di queste ultime ricerche condotte. L’obiettivo è fornire informazioni preziose a chi sta combattendo contro il morbo di Alzheimer e per le famiglie dei pazienti coinvolti. Trattandosi di una ricerca condotta in trial clinico di fase due, sarà ad ogni modo necessario attendere la conferma dei risultati ottenuti mediante nuovi studi e un trial multicentrico di fase 3.
In ogni caso, questa nuova scoperta apre un nuovo scenario nella cura della demenza e del morbo di Alzheimer . Nonostante non rappresenti la soluzione definitiva alla patologia progressiva che colpisce il cervello, caratterizza un trattamento che può essere di grande aiuto per chi ogni giorno affronta i sintomi di questa malattia.
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Fonti:
- https://www.msdmanuals.com/it-it/casa/disturbi-di-cervello,-midollo-spinale-e-nervi/delirio-e-demenza/malattia-di-alzheimer
- https://www.humanitas.it/malattie/alzheimer/
- https://www.marionegri.it/magazine/alzheimer
- https://www.hsantalucia.it/news/alzheimer-la-stimolazione-magnetica-transcranica-tms-rallenta-la-progressione-della-malattia
- https://web.uniroma2.it/it/contenuto/alzheimer-la-stimolazione-magnetica-rallenta-la-malattia